
Camminiamo ogni giorno, andiamo al lavoro, ci occupiamo delle nostre faccende quotidiane, partecipiamo alla società come se fossimo immortali. Ma la verità più cruda e inevitabile è che siamo tutti destinati alla stessa fine: la morte. Ogni passo che facciamo ci avvicina alla nostra fine, eppure la maggior parte di noi non se ne rende conto o, peggio ancora, sceglie di ignorarlo. In un certo senso, siamo già morti che camminano, vivendo vite scandite dalla routine, dall’abitudine e dalla paura di confrontarci con l’inevitabile. La nostra cultura è costruita attorno a un grande inganno: quello di vivere come se la morte fosse qualcosa di lontano, un problema che non ci riguarderà se non tra moltissimo tempo. Viviamo come se ci fosse sempre un domani, come se ogni opportunità persa potesse essere recuperata in futuro. Ma ogni momento che passa è un pezzo di tempo che non tornerà più. Ogni respiro che prendiamo ci porta un passo più vicino alla fine, e la morte, silenziosa e inevitabile, è sempre lì ad aspettarci.
La psicologia ci dice che la negazione della morte è uno dei meccanismi di difesa più potenti che l’essere umano possiede. È naturale voler allontanare il pensiero della fine, perché ammettere la propria mortalità significa confrontarsi con la nostra vulnerabilità più profonda. Significa guardare in faccia la realtà e accettare che tutto ciò che facciamo, tutte le nostre ambizioni e i nostri successi, sono temporanei. Ma negare la morte ha un prezzo: ci rende insensibili alla vita stessa. C’è una verità scomoda che pochi vogliono affrontare: viviamo gran parte della nostra esistenza come degli automi, intrappolati in una quotidianità meccanica che ci distoglie dal pensare a ciò che è davvero importante. Lavoriamo, consumiamo, accumuliamo beni materiali, eppure spesso ci dimentichiamo di vivere. Ci sono persone che, pur essendo biologicamente vive, sono già morte dentro. Hanno smesso di sognare, di amare, di cercare un senso autentico nella loro esistenza.
In che altro modo possiamo definirle se non “morti che camminano”?
La consapevolezza della morte non è solo un promemoria della nostra fine, ma anche una chiave per una vita più piena. Quando ci rendiamo conto di quanto fragile e breve sia la nostra esistenza, possiamo scegliere di vivere in modo diverso. Ma la maggior parte di noi evita questo pensiero, preferendo rifugiarsi in distrazioni quotidiane che ci tengono lontani dall’angoscia esistenziale. Guardiamo la TV, scorriamo sui social media, ci immergiamo nel lavoro senza mai fermarci a chiederci: sto davvero vivendo? O sto semplicemente passando attraverso la vita come un morto che cammina?
La morte, in fondo, non è il nemico. È l’indifferenza, l’apatia, l’incapacità di riconoscere il valore di ogni singolo istante. Ci spaventa l’idea della fine, eppure il vero dramma è passare una vita senza mai essere veramente presenti, senza mai provare la gioia e il dolore che ci rendono umani. Molti di noi vivono come se avessero tutto il tempo del mondo, come se la morte fosse solo un’ombra lontana che non ci riguarderà mai. Ma il tempo è l’unica risorsa che non possiamo accumulare o conservare. Ogni giorno che passa è perso per sempre, e non possiamo mai sapere quando arriverà l’ultimo. La filosofia esistenziale ci invita a riflettere sulla nostra condizione di esseri mortali, a confrontarci con la finitezza della vita per poter vivere in modo più autentico. Vivere con la consapevolezza della morte non significa vivere con paura o disperazione, ma con intensità e presenza. È solo accettando la nostra mortalità che possiamo davvero cominciare a vivere. Eppure, molti di noi evitano questa consapevolezza perché è troppo dolorosa, troppo destabilizzante. Il problema non è tanto la morte in sé, quanto il fatto che molti di noi vivono senza mai interrogarsi su cosa significhi vivere davvero. Continuiamo a seguire la corrente, a fare ciò che ci si aspetta da noi, senza mai fermarci a chiedere cosa vogliamo veramente. Siamo schiavi di una vita che non ci appartiene pienamente, intrappolati in una routine che ci rende simili a zombie. Forse è giunto il momento di fermarci e riflettere. Non possiamo cambiare il fatto che moriremo, ma possiamo cambiare il modo in cui scegliamo di vivere. Possiamo smettere di essere morti che camminano e iniziare a vivere con consapevolezza, abbracciando il presente e facendo scelte che risuonano con i nostri desideri più profondi. Possiamo accettare che la morte è parte della vita, e proprio grazie a questa consapevolezza possiamo vivere con maggiore intensità.
Siamo tutti morti che camminano, ma abbiamo la possibilità di risvegliarci. La scelta è nostra: possiamo continuare a vagare senza meta, cercando di evitare il pensiero della morte, o possiamo aprire gli occhi, affrontare la nostra mortalità e cominciare a vivere davvero. Perché non te ne sei accorto prima? Forse perché accettare di essere mortali significa anche accettare che il tempo è limitato, e che l’unico modo per sfuggire alla morte psicologica è vivere pienamente ogni giorno.

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